Sull’educazione dei datori di lavoro

Collaboro da circa due anni presso un’azienda di Palermo con contratti a progetto e svolgo alcune attività occasionali con altre in nord Italia; non cerco lavoro nello specifico, a meno che non sia estremamente interessante e remunerativo e possa migliorare la mia posizione. In particolare, preferirei un incarico nel settore turistico/alberghiero o in quello editoriale. Pubblico annunci su vari portali – il sistema che dall’anno scorso ha apportato più risultati in assoluto – o vengo contattata tramite passaparola.

I miei interlocutori richiedono subito numero di telefono, CV, foto, costi per eventuali consulenze, che inoltro a condizione di sapere chi sia lo scrivente o conoscere il recapito dell’azienda.  La maggior parte sparisce e da ciò si evince che si tratta di perditempo o persone che intendono solo aumentare la propria banca dati con nuovi profili. C’è pure chi rivende i nostri dati a terzi e sarebbe vietato dalla legge.

Altri rispondono… evviva!
Seguono mail, telefonate e talvolta ci scappa il colloquio.
Tutto bene, allora?
Direi di no.lavoro-al-pc

Passano una, due settimane, dopo aver perso giorni fra mail (c’è chi richiede addirittura di usare WhatsApp, altro che privacy!) telefonate e colloquio,  il presunto datore di lavoro che tanta fretta aveva, scompare.
Si dissolve nel nulla.

Muore?

No, è vivo e vegeto, ben nascosto dietro il cespuglio della sua maleducazione congenita. È abituato a non rispondere ai candidati, alle risorse che lui stesso contatta scandagliando i portali, cercando collaboratori anche a costo zero, con la scusa di stage e training. Fondamentalmente è in malafede. Si rende conto che dovrà retribuirmi con uno stipendio e non gli va a genio. Vengono proposti incarichi part-time rigorosamente in nero di 30 ore settimanali pagati sei euro l’ora, quando va bene, sempre che parli almeno due lingue e abbia esperienza nel settore, diversamente… stage d’ordinanza. E chi commissiona un testo, un qualsiasi elaborato, vuol pagarlo quanto due kg di frutta… cliccate QUI per leggere l’articolo al riguardo. Io non lavoro gratis per nessuno.

Mandami al diavolo che lo preferisco al silenzio, ma rispondi!

Ritengo che 15/20 giorni siano sufficienti per esaminare un CV, neanche fosse una multinazionale con migliaia di dipendenti, il più delle volte si tratta di albergatori proprietari o gestori di hotel 3/4 stelle con una cinquantina di camere se non meno, oppure di piccoli imprenditori titolari di B&B che in realtà non sono tali, dispongono pure di una ventina di camere con diverse licenze dato che la legge lo permette.

 

Mi aspetto, anzi PRETENDO, un feedback, negativo o positivo che sia. Quanto ci vuole a comunicare che un profilo non è in linea con la loro ricerca? Un minuto? Due? Va bene anche un testo precompilato, in ogni account di posta è previsto. Il tempo è prezioso per tutti, sia per chi cerca lavoro, sia per chi (forse) lo elargisce. È solo questione di educazione, alla faccia di arroganti e pretenziosi head hunter che affermano il contrario. Secondo loro, non dovremmo aspettarci alcuna risposta:  se dopo due settimane permane il silenzio, siamo stati scartati. A me non sta bene. Se inoltro il mio CV come autocandidatura, posso accettare di essere cestinata, ma non quando vengo contattata e per giunta con una certa fretta di concludere.

Visto che gli aspiranti datori di lavoro non rispondono, ho deciso che scriverò io a questi “signori”.

Il bello è che funziona!

Rispondono, qualcuno si cosparge il capo di cenere, qualcun’altro forse impaurito che potrei scrivere una recensione negativa su TripAdvisor, social network o altrove, visto che ne ho le competenze 😉 mi prende con le buone 😀 altri temporeggiano.

lavoroQuando un potenziale datore di lavoro mi contatta ed esige informazioni, dati sensibili (nel CV comunque non indico né la data di nascita, né l’indirizzo, come fanno gli Inglesi e come dovrebbe fare chiunque), ho diritto a una risposta.

Il nuovo comportamento che ho assunto fa parte della mia personale crociata contro la maleducazione imperante.

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” affermò il Mahatma Gandhi.

Io ci credo, e voi?

Buona giornata e buon lavoro a tutti!

©2017 Mirella Puccio ~ Tutti i diritti riservati

Il contenuto dell’articolo, pur essendo velato da una sottile ironia, rispecchia in toto le personali (dis)avventure vissute dall’autrice che cerca di mantenersi a galla
nel mondo del lavoro. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti
realmente accaduti NON è puramente casuale.

Informazioni su Mirella Puccio

Appassionata d’arte e di viaggi, amo gli animali, la lettura e la scrittura. Sono una vecchia single, vivo con tre gatti, tutti salvati dalla strada, due sono disabili e seguo dei randagini nel quartiere dove abito. Ovviamente amando gli animali seguo un'alimentazione vegan. Ho una formazione turistico-alberghiera e una lunga esperienza nel settore, parlo francese e inglese. Mi occupo di correzione di bozze, editing, ghostwriting, revisiono scritti di ogni genere. Inoltre svolgo indagini di mercato nei settori luxury, moda e cosmesi come freelance. Mi trovate su Facebook, Twitter, LinkedIn, Instagram, Pinterest, About.me digitando il mio nome e cognome. Contattami se volete anche al di fuori del blog. Grazie!
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